Mi sto disaffezionando alla gente, a quella gente che riempirebbe la saletta di un qualsiasi psicologo. Gente che vibra sui social smuovendo le propria dita sulla tastiera, mentre mi chiedo se nella vita un dito per aiutare una persona lo muoverebbero.
Persone che versano parole su parole, che s’improvvisano tuttologi, indossando il camice di dottore con specializzazione in neurochirurgia, mentre scannerizzano ogni singola movenza del figlio di Trump nell’ennesimo video che gira in rete.
Persone che nelle loro 24 ore, maggior parte delle quali di fronte ad un monitor, con assoluta noncuranza danno della troia ad una donna che non conoscono, detengono l’onniscienza della nostra politica malsana, ma che non fanno nulla per cambiare le cose.
L’invidia si alimenta sui social, così tremendamente democratici perché si può dire tutto a tutti, fregandosene se vai ad incrinare una certezza, allargando insicurezze.
Fa nulla, vige il sacrosanto diritto di sputare sentenze e critiche, illuminati dalla luce fioca del monitor.
Non c’è buon gusto, manca il rispetto, latita l’auto ironia. L’importante è parlare bene di se stessi, considerando persone di poco conto e incapaci di far bene gli altri.
E se per caso ti dovesse balenare per la tua adorabile testina il pensiero di dire “bhe ma a me i cani non piacciono”, fermati per l’amor di dio. Non verresti capito lo sai no? Eppure tu che comprendi il legame d’un proprietario col suo cane, non puoi dirlo esplicitamente che dentro a te sta cosa non smuove.
Nel 2016 ci son stati 120 femminicidi. Negli ultimi 10 anni 1600 bimbi sono rimasti orfani di madre per questo. Brividi per questo genere di numeri. Sembra che a volte ci si improvvisi nella vita, confusi e deviati dalla propria rabbia che ti fa macchiare le mani di sangue.
Chi e dove e perché ha deciso che si può essere padroni della vita altrui? Restano nell’aria che respiriamo ogni giorno le urla e il dolore di queste donne, i pianti di questi bimbi.
Troppi drammi fustigano le famiglie, nel luogo dove tutto dovrebbe essere protetto ed accudito. Quante violenze fisiche e verbali, censurate al pubblico, si consumano in una casa?
Pochi giorni fa una donna mi disse “gente vien da me perché ridia a loro la vita di un tempo, cosa ne pensi?”. Penso che no, è illusorio, è utopistico promettere il passato. “Non lo rivorrò mai un passato, seppur bello, che ha comunque generato un presente sofferto”.
Ruoli. Mai come in queste ultime settimane ho affrontato, volente o nolente, la gestione dei ruoli, a volte palesando una confusione degli stessi. E allora prendi un foglio bianco, una penna e provi a tracciare un bilancio, cercando di essere onesta nel scrivere frasi che ti fan male.
Altro giorno ho detto ad una persona “Mi sento confusa”. Nel mio ruolo di ‘stampella’, assunto un po’ recalcitrante ma dovuto. Il suo “non mollare ora” non mi conforta, vedo avanti me giorni di settimane e mesi di sacrificio. Convivo con la paura di sottrarre tempo al mio bene più prezioso, quel figlio che un perché grosso lo ha dato alla mia vita.
Certezze. Perché di fondo è così. Tutti le cerchiamo, tanti le vorrebbero scontate e dovute. Mi aggrappo a queste, consapevole che mai dovrò abusarne per non crearne dipendenza.
Cosa vorrei ? Poesia che chiedevo negli anni passati, parchi e villani in tal senso. Ho chiuso porte con forza e determinazione, a persone e situazioni che intendevano creare una propria esistenza a spese mie. No.
A chi mi ha giudicato, mal pensato e mal parlato, additato e offeso, svalutato e svenduto, posso solo dire che io ho la mia vita, che per fortuna, non è obbligata ad intersecarsi con la loro.
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